12 febbraio, 2012

Muoversi per il bambino è commuoversi

Seconda parte dell’intervista a Rino Mariella, affermato psicologo e psicomotricista dell’Associazione Corpo e Movimento di Desio. (seconda  parte)

Foto di Luca Bonfanti*
Dopo il quadro fornito da Rino Mariella sulla famiglia di oggi calata nell’attuale società, non posso fare a meno di approfondire un altro aspetto quale quello della psicomotricità e come questa pratica si cala nella società. Così Rino Mariella mi invita a entrare nelle palestre dell’Associazione Corpo e Movimento. Ampi spazi affollati da grossi cuscini di gomma piuma dalle forme e dai colori più svariati. Solo cuscini, nient’altro. E’ qui che si pratica Psicomotricità. Un termine un po’ abusato negli ultimi tempi e spesso, infatti, ci si imbatte in strutture che tra i propri plausi hanno proprio dei laboratori di psicomotricità. Ma attenzione a distinguere la vera psicomotricità dal più comune corso di ginnastica motoria.
Infatti, Rino Mariella tiene subito a precisare che il termine psicomotricità è un termine per così dire ombrello, perché sotto questa parola ci va un po’ di tutto anche ciò che non è psicomotricità. «Quando parlo di Psicomotricità intendo fondamentalmente 3 cose. Innanzitutto Psicomotricità si riferisce a un periodo dello sviluppo del bambino, il periodo psicomotorio, che va dalla nascita fino a raggiungere la sua piena maturazione intorno al 7/8 anni – ci illustra Rino Mariella -. In secondo luogo per Psicomotricità si intende un modo di essere e di fare del bambino che si esprime soprattutto in questa fascia di età (7/8 anni appunto). Modo di essere e di fare dove tutto ciò che è somatico è anche psichico e tutto ciò che è psichico e somatico. Questa unità indissolubile è somato-psichica e non è possibile dividere questi due aspetti. Noi lo facciamo perché non abbiamo le parole per esprimere tale globalità, per cui usiamo due termini che sembrano opposti: psichico e motorio, ma in realtà nel bambino fino ai 7/8 anni sono indissolubili».
Secondo il dr Mariella, infatti, per il bambino agire, muoversi o giocare con il corpo è già pensare. Il pensiero astratto è così possibile proprio perché c’è stata l’azione. Gradualmente il pensiero si districa dal somatico ma fino ai 7/8/9 anni questi due aspetti sono strettamente correlati.
«Poi c’è la Psicomotricità intesa come una pratica, un fare con il bambino che tiene conto del suo modo di essere e di fare considerando la sua globalità di corpo e mente».

I ruoli dello psicomotricista
Il compito dello psicomotricista può assumere diversi ruoli in relazione al bambino che ha di fronte. Può assumere una pratica educativa oppure una pratica terapeutica che può essere individuale o di piccolo gruppo. «Il mio modo di essere e di fare pur tenendo fermi alcuni principi fondamentali si modifica in relazione a chi ho davanti, se ho un bambino che vive una situazione di benessere o se invece ho a che fare con un bambino con un vissuto di disagio o di sofferenza a vari livelli».
In un ambito educativo Rino Mariella accompagna così il bambino nella sua crescita affinché questo diventi sempre più consapevole delle proprie risorse e dei propri limiti e sappia mettere in gioco tutte le sue potenzialità a livello corporeo, emotivo e cognitivo.
Quando invece si è in presenza di un disagio, di una sofferenza  accade che il percorso della dinamica vitale evolutiva del bambino può subire dei rallentamenti, dei blocchi, delle deformazioni. «Il mio compito – riprende lo specialista - è aiutare il bambino a rientrare in una dinamica di benessere, una dinamica vitale ripristinando il suo percorso evolutivo»
Esistono diversi modelli per elaborare un percorso di psicomotricità che fanno riferimento a modi differenti di comprendere il movimento e il corpo del bambino. «Ad esempio c’è una pratica più legata all’educazione fisica dove il corpo è una sorta di oggetto da allenare, addestrare finché questo prenderà padronanza dei propri movimenti e acquisirà quella competenza che gli permetterà di fare quello che un bambino è in grado di fare a un anno, due anni ecc».
Questo metodo tradizionale quindi recita che è dall’esperienza corporea che il bambino arriva al cognitivo.

L’espressività corporea
La pratica invece utilizzata da Rino Mariella è una pratica che si definisce dell’espressività corporea, che mette in risalto non tanto quello che l’adulto mette nel vaso-bambino bensì mette in risalto ciò che parte dal bambino permettendogli di esprimere attraverso il corpo quello che lui è dentro. «E’ un modello che parte dal gioco spontaneo del bambino. Più il bambino è in una situazione di spontaneità tanto più il bambino si esprime, con il movimento, con il corpo, con la sua gestualità manifestando così quello che ha dentro». Da questa situazione di spontaneità, dal bambino può emergere uno stato interiore buono, cioè di benessere, oppure uno stato di rabbia, di preoccupazione, di ansia. Quindi a partire da questo «l’adulto mette in atto una serie di interventi tramite il gioco e l’interazione reciprova attraverso i quali il bambino con la mediazione dell’adulto, elabora e integra ancora di più quali siano le sue possibilità e le sue potenzialità ma anche comprende le sue difficoltà e con l’aiuto dell’adulto intraprenderà in un percorso di crescita e maturazione».

Giochi di rassicurazione profonda
Nell’Associazione Corpo e Movimento i giochi psicomotori proposti sono i giochi cosiddetti di rassicurazione profonda, cioè quei giochi che permettono al bambino di sentirsi sicuro di sé, di gestire le emozioni e lo si fa mettendo in movimento tutta la dimensione emotiva e conseguentemente tutto l’essere del bambino. «Il correre, saltare, rotolare mettono in gioco la motricità, la sensorialità e l’emotività. Muoversi per il bambino è commuoversi».
In una società che tende oggi a velocizzare la crescita del bambino con il gioco strutturato, il gioco elettronico o anche l’insegnare il prima possibile a leggere e scrivere fa dimenticare l’importanza del gioco corporeo. Rino Mariella suggerisce di inserire la pratica della psicomotricità in tutti i nidi e in tutte le scuole materne. «E’ una pratica che rispetta tutti i bisogni irrinunciabili del bambino. Propone delle situazioni di rassicurazione, è una pratica attenta al bisogno del bambino di giocare con i mezzi e gli strumenti adeguati alla sua età e padroneggiare  il proprio corpo è una dimensione fondamentale».

C’è bisogno di informazione
Rino Mariella dal 1992 ho costruito una rete di rapporto sia con le scuole sia con le Asl. I bambini che giungono nella palestra di via Rosselli a Desio arrivano su invito delle educatrici delle materne o delle primarie oppure anche dagli specialisti con lunghe liste d’attesa. Anche le Asl nei casi in cui si presenti la necessità di terapie di gruppo invia i bambini all’Associazione. «Il nostro è uno spazio molto delicato un po’ di frontiera. Magari arrivano bambini nel gruppo educativo e successivamente si comprende che in realtà non è il luogo più adeguato per un particolare bambino. E’ importante anche comprendere quali bambini possono usufruire di un percorso educativo preventivo e dove invece questo non è sufficiente. Costruire questa rete di conoscenza sul territorio è significato cercare di informare gli specialisti circa il nostro modo di lavorare, di intervenire affinché l’invio sia fatto nella maniera più corretta e idonea possibile».
Come accennavo all’inizio la pratica psicomotoria non è ancora del tutto conosciuta nella sua vera essenza. Spesso crediamo che un paio di mesi siano sufficienti per “raddrizzare” il nostro bambino ma anche la psicomotricità, come qualsiasi altro percorso terapeutico, richiede tempo «Il percorso terapeutico è un percorso lungo che coinvolge oltre il bambino e il terapeuta anche la famiglia. Tutti quanti dobbiamo iniziare un percorso con il bambino ognuno con il proprio ruolo ma condividendo lo stesso obiettivo. Solo così il bambino viene accompagnato verso una crescita e una maturazione. Il ruolo della famiglia è fondamentale. In terapia viene chiamata alleanza terapeutica».

Conclusione personale
La mia chiacchierata con Rino Mariella purtroppo è terminata e di suggerimenti per riprendere le redini di casa me ne ha dati molti.
La società che ci siamo costruiti è vero, è complessa ma sono certa che se noi adulti proviamo a cambiare e accogliamo di più i nostri figli tutta questa complessità si potrebbe tradurre semplicemente in serenità.
Leggi la prima parte dell'intervista EDUCARE OGGI

*Luca Bonfanti. Giovane artista italiano capace di posare sulle sue tele cromatismi e forme delicatamente profonde e surreali. Ha ottenuto riconoscimenti e premi in concorsi nazionali e internazionali. È membro degli artisti del “Museo della Permanente di Milano”, dell’Associazione Nazionale Fotografi Professionisti “Tau Visual” e dell’associazione International Advertising Association “IAA”. Presidente dell’associazione artistica “Temenos” e titolare dell’agenzia di pubblicità “Bimage Communication.”

1 commento:

Anonimo ha detto...

conosco il dott. mariella perchè mio figlio è stato "in cura" da lui. è molto capace e non è un ruba soldi nel senso che nel caso di mio figlio mi ha detto chiaramente che per lui non c'era bisogno di terapia..... poteva anche mentirmi ma le persone serie non lo fanno...

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